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Carlo Barbagallo / Olimpian Gossip
Released February 7, 2015 - Studiolo Laps ___SL038___
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“Più della metà del nostro corpo è acqua, e questa non è una metafora; se lo fosse, più della metà del corpo sarebbe deserto. L’acqua lava, il corpo sporca. L’acqua macella la pietra, il corpo è lapidato. L’acqua è acqua e il sangue è rosso come la ruggine. E sai, quando piovve, il Tempo quaggiù era solo un grande Dente di Latte, e il Cielo unica Madonna, vedova di tempi. Non si può entrare due volte nello stesso fiume. Non si può entrare due volte nello stesso corpo. Eppure si può dire due volte la stessa parola. E’ un’ingiustizia, non credi? Mi dici “vivo”, e mi riconosci “lontano”. E la mia anima si sente così strana davanti alle porte...” A. Berschant
Apnea fonografica in ode all’opera “Carlo Barbagallo/Olympian Gossip – StudioloLapsLiveRecording Vol.1”.
Anche le chele corsi in cremisi corpi spesi scepsi nei cento tondi corridoi ben donde udiamo bombe ai venti due coriandoli di bava lava trema la cava in barca che tana teme a mo’ di meta anzi alla metà di metà dimessa deambula poi slitta latitata tromba ruba in soffio tuba tomba turb’alita sé se fu (as)salito dabbasso furbo col latte nel letto lotta steso altro rosa estro stronca chi incontrò scemo a schiumare mare d’amarsi molare al bagno gnomico delle carie stracc’attimo di niente sugl’occhi che si parlano di sale sì onde forse scende lento certo lungo mento ora riva accorta o mai più altro cos’è codesto desco aduso allungato sulle gengive dei geni tar-divi al gerundio apposito o tu banda slargata tenue tenni netta visione in pellicce lische graffiate anteriormente le nostre noie nordiche coi palmi bolsi fu scritto fatti nuvola e scavati cielo ce l’ho questo ma manca il resto andiamo ustione semmai santa dà voce lascio a mamma razzo una scia di fiamma sul nascere già infetta ebbe poesia abusata dal deserto no però dai lo si ammetta al primo pasto mangiaste tutto e lasciammo nulla ch’ogni cosa si paga e cara gentile appare risale salendo su pel canale d’arte alessandrina ove mai sarà caspita l’idrogeno dei vostri baci mostri attesi tra le in ferro battuto trame adriatiche dei marosi sparsi lungo i viali alti tacchi e petto in fuori lì saremo orbene a veder vederci da chi vide la vista cieca in orbita ci si bituma come oblungo cuore incedibile a che zero dice se tutto vuole volere volendo volersi voluto è lutto l’aulica lacrima del tutto anziché transfuga imbelle gambe a cui aggrapparsi per farla finita col botto artificiale ciarla il resto l’ottenga si figuri e nel cerume benedica il sole a meno che il più si perde fratto nell’ovvio sangue dei suoi bui.
Malista
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